www.bresciapoint.it

martedì 4 agosto 2009

Al vincitore le banane


Dopo aver destato l’attenzione pubblica internazionale per alcuni giorni, il caso del colpo di stato in Honduras, è rapidamente caduto nel dimenticatoio, pur non essendo ancora risolto.
D’altronde l’importanza politica ed economica dell’Honduras è comparabile a quella dell’Italia del rugby: praticamente irrilevante. Ed è prontamente in questi momenti di bisogno di una nazione che gli altri popoli tirano fuori il meglio di sé e si uniscono in un commovente sentimento di indifferenza globale.
Eppure un merito il piccolo Stato dell’America Centrale ce l’ha: quello di essere l’originale Repubblica delle Banane. L’appellativo gli fu dato dall’umorista americano William Porter, che vi risiedeva all’inizio del ventesimo secolo. Da allora l’espressione è stata usata ed abusata per indicare Paesi con governi corrotti ed economia basata su un unico prodotto (è bene notare che non vale per l’Italia: la nostra economia non è basata su di un unico prodotto).

Ma tornando alla original Banana Republic, dopo i 5 minuti di celebrità previsti dal buon Andy Warhol, la questione del golpe è oggi puntualmente snobbata dalla stampa internazionale a vantaggio del gossip estivo, come giustamente il mio esimio collega faceva notare nel precedente post.

Se ci fossero in gioco petrolio ed altre ricchezze gli F-16 americani starebbero già sfrecciando sui cieli honduregni sganciando bombe a destra e a manca, ma poiché in gioco ci sono solo banane l’unica cosa che la comunità internazionale ha fatto è stata schierarsi a favore del presidente deposto Manuel Zelaya affermando la necessità di un suo pronto ritorno alla leadership del Paese. Per il bene della democrazia.
Giusto. Lo pensavo anche io quando ho letto inizialmente (e anche un po’ distrattamente) la notizia del colpo di stato honduregno. Ma poi mi sono documentato meglio ed a ben guardare la questione non è così semplice come sembra.

Qui non si tratta di un movimento militare ed autoritario contro un governante che non appoggia le ideologie delle Forze Armate. È vero semmai il contrario: un governante autoritario di un paese democratico che approfitta della stessa democrazia per sabotarla. Un paradosso. Il presidente odiato in patria diventa una causa nobile all’estero.

Ricapitolo brevemente gli accadimenti.
Zelaya chiedeva un plebiscito per poter modificare la Costituzione e consentire la sua rielezione. Nemmeno il suo partito lo ha appoggiato. Questo perché lo stesso testo costituzionale afferma che solo il Congresso può modificare la massima legge del Paese e proibisce espressamente la modifica della durata del mandato presidenziale e la rielezione.
È interessante notare che la Costituzione che il presidente voleva violare ha garantito in Honduras inediti 27 anni di stabilità politica e democrazia, proprio grazie a questi tipi di misure preventive di perpetuazioni abusive di potere.
Ebbene, pur con il rifiuto del Parlamento, il presidente ha insistito nel suo proposito e, nonostante il successivo divieto della Corte Suprema, ha ugualmente indetto il referendum.
Poiché la Costituzione non prevede l’impeachment, l’opposizione è passata ad una soluzione, diciamo così, più pratica. L’esercito ha prelevato Zelaya in piena notte quando era ancora in pigiama e trasportato verso un aeroporto militare, da cui è stato espatriato verso la Costa Rica.

Come si deduce, la situazione non è nitidamente democratica né tantomeno antidemocratica.
Chi sono gli oppressi e chi gli oppressori?
I militari si sono fatti portatori della volontà popolare (almeno della maggioranza) ed hanno l’appoggio del Legislativo e della Corte Suprema.
Il presidente era in carica legalmente ed ancora nel suo mandato, ma violando la Costituzione si è posizionato contro la legalità. Un fuorilegge quindi.
Le forze militari devono obbedire al proprio leader o alla Costituzione?
Si presume alla seconda, ma di certo un abuso da un lato non ne autorizza un altro dal lato opposto. Una soluzione diplomatica sarebbe stata auspicabile. Ma cosa accade quando un governante non accetta il dialogo?
Con questo non voglio assolutamente dire che giustifico il colpo di stato, ma neanche giustifico l’appoggio tout court a favore di Zelaya.

Insomma quantomeno se il presidente ha violato la legge non può di certo meravigliarsi che i suoi oppositori abbiano fatto altrettanto.

Il problema è quindi più delicato di quanto possa sembrare.
Ma quando sarà risolto avremo scoperto la sottile differenza che esiste tra una democrazia ed una banana.

da Fuoco incrociato

Nessun commento:

Posta un commento